Revisione della protesi d’anca: cos’è e quando è necessaria
Quando l’impianto di una protesi d’anca non ha successo, è necessario intervenire chirurgicamente per rimuoverla e sostituirla con una nuova.
La maggior parte degli interventi protesici di primo impianto non dà luogo ad ulteriori interventi di revisione successive.
Purtroppo, però, in alcuni casi occorre sottoporsi ad una revisione della protesi: uno degli interventi più difficili di tutta la chirurgia ortopedica.
Quali fattori determinano un intervento di revisione della protesi?
Le principali cause che portano a questo tipo di intervento sono:
- Mobilizzazione della componente acetabolare e/o femorale, in seguito al fallimento dell’interfaccia osso protesi o alla liberazione di detriti legati al deterioramento delle superfici di scorrimento delle componenti protesiche
- Instabilità articolare legata ad un non corretto impianto della protesi
- Infezione
Revisione dell’acetabolo
“La revisione dell’acetabolo è una situazione complessa che impone al chirurgo una doppia valutazione. Da un lato, deve seguire i metodi ed i tempi dettati dalla ricerca di base e dalla sperimentazione clinica, che hanno l’obiettivo di raggiungere risultati consistenti ed accettabili, dall’altro dev’essere in grado di adattarsi alla situazione, perché non tutti i casi sono simili e sta nella sua abilità capire se attenersi appieno alle metodiche standard o “andare oltre” per ottenere un impianto stabile e duraturo nel tempo per il bene del paziente.”
Il più importante strumento a disposizione del chirurgo per studiare un potenziale difetto è una radiografia A-P del bacino che deve essere attentamente analizzata, in modo da non tralasciare alcun aspetto della procedura ricostruttiva.
La qualità della ricostruzione ossea e la sua longevità dipendono in modo determinante dall’abilità del chirurgo nel rimuovere le componenti che presentano una situazione di “distruzione ossea”, nel valutare e stimare i difetti ossei alla base e nel ricostruire un acetabolo protesico che sia meccanicamente valido.
Per questo è necessario procedere con un accurato planning pre-operatorio:
- È molto importante che il chirurgo possa disporre di un ampio inventario di componenti: varietà nei “tipi” e nelle dimensioni delle componenti protesiche.
- Deve essere sempre prevista la necessità di un innesto osseo omologo e/o sintetico, che consenta un buon appoggio della nuove componenti protesiche.
Revisione del femore
L’uso di protesi totali d’anca non cementate è stato introdotto proprio per ridurre il problema dello scollamento a lungo termine che si era manifestato con le protesi di tipo cementato.
Nonostante i miglioramenti, è ragionevole aspettarsi che piccole percentuali di protesi totali d’anca possano ancora fallire, soprattutto perché i pazienti che si sottopongono a questo tipo d’intervento sono sempre più giovani e attivi.
Infatti, le protesi attualmente disponibili durano circa 15 anni, ma molto dipende dal peso corporeo e dal livello di attività fisica del paziente, fattori che sembrano incidere in modo determinante sulla durata dell’impianto.
Quindi un paziente anziano, magro e con basse richieste funzionali può ritenere ragionevole che la sua protesi duri “per sempre”, invece un giovane, attivo e sovrappeso, corre il rischio di doversi sottoporre ad un intervento di riprotesizzazione. Per questo motivo, il ricorso alla protesi in pazienti giovani è sempre valutato con grande cautela.
Infezione della protesi
Qualsiasi protesi dolorosa, fino a prova contraria, dovrebbe essere considerata infetta.
La diagnosi di infezione spesso non è chiara, infatti i criteri oggettivi per valutarla non sono affidabili (temperatura alta, conta dei leucociti, VES): spesso accade che vi sia un’infezione attiva nell’articolazione anche in presenza di valori normali. Quindi, è consigliabile sottoporre il paziente ad una scintigrafia con leucociti marcati che risulta affidabile nel definire se è presente o meno un’infezione.
Nei limiti del possibile, non è consigliato somministrare al paziente antibiotici preoperatori fino a quando non siano stati ottenuti, durante l’intervento, campioni di liquidi e/o di tessuti per colture/antibiogramma e colorazioni Gram, con l’obiettivo di identificare il batterio alla base dell’infezione e scegliere l’antibiotico più idoneo per contrastarlo.
Nel caso in cui questi test diano riscontro positivo, quindi in presenza di una infezione batterica, è consigliato l’intervento di espianto della protesi e successivamente il posizionamento di uno spaziatore in cemento o l’applicazione di una trazione per impedire la retrazione dei tessuti molli.
Successivamente, dopo un ciclo antibiotico di 6 settimane per via endovenosa ed in presenza di un titolo antibatterico di almeno 1:8, si può nuovamente procede al reimpianto della protesi.
In caso di batteri particolarmente virulenti l’intervento dovrebbe essere differito a 6 mesi.
La diagnosi di infezione spesso non è chiara, infatti i criteri oggettivi per valutarla non sono affidabili.
Nei limiti del possibile, non è consigliato somministrare al paziente antibiotici pre-operatori fino a quando non siano stati ottenuti, durante l’intervento, campioni di liquidi e tessuti da analizzare per identificare il batterio alla base dell’infezione e scegliere l’antibiotico più idoneo per contrastarlo.
Efficacia dell’intervento di revisione
Nel caso di un intervento di revisione, il chirurgo deve pianificare ogni dettaglio operatorio prima dell’operazione e deve avere attrezzature adeguate a sua disposizione per eseguire un impianto duraturo.
I risultati clinici dell’intervento dipendono dal “capitale osseo disponibile”, dalle condizioni del trofismo muscolare del paziente e dal numero di precedenti revisioni della protesi.
Quindi pazienti con sistema osseo in salute, muscoli trofici e che non si sono ancora sottoposti ad un intervento di revisione protesica, hanno maggiori probabilità di successo post-operatorio.
Si spera che ulteriori progressi nella tecnica e nel disegno protesico permettano alle revisioni-artroplastiche di avvicinarsi sempre di più ai risultati ottenuti dalle protesi di primo impianto.