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Sei in: Home1 / Patologie dell’anca2 / Osteonecrosi della testa del femore

Osteonecrosi della testa del femore: cos’è e come si manifesta?

La necrosi avascolare cefalica o necrosi ischemica della testa del femore è una malattia molto simile
all’infarto miocardico, ma, a differenza di questo, è la testa femorale ad essere colpita.

Insieme all’artrosi degenerativa e alla displasia congenita o evolutiva, costituisce una delle principali cause di dolore all’anca.

Si verifica quando una parte più o meno estesa della testa del femore non riceve più un’adeguata perfusione sanguigna (ischemia) e alla fine, il tessuto osseo ischemico perde la propria vitalità: va in necrosi. Solitamente questo processo si verifica nel polo superiore della testa femorale.

I motivi che generano la necrosi avascolare cefalica non sono ancora perfettamente noti.

La porzione necrotica della testa subisce una progressiva deformazione sotto carico, fino a giungere ad un appiattimento polare che determina inevitabilmente l’insorgere della coxartrosi o artrosi degenerativa dell’anca.

Quali sono i principali sintomi?

La necrosi della testa femorale si manifesta con un dolore intenso a livello dell’inguine e talvolta anche del gluteo. Il movimento e il carico sull’articolazione rendono il dolore ancora più acuto, che è spesso presente anche a riposo.

Nelle fasi iniziali non comporta limitazioni nei movimenti dell’articolazione, che si verificano invece nelle fasi successive della malattia quando insorge un’artrosi secondaria dell’anca.

Generalmente questa patologia ha un esordio piuttosto brusco, a differenza delle malattie degenerative.

Quali sono le cause che determinano la necrosi della testa del femore e chi ne è colpito maggiormente?

Come già anticipato, i motivi alla base di questa patologia non sono ancora perfettamente noti.
Come per l’artrosi degenerativa dell’anca, distinguiamo tra forme primarie e secondarie della malattia:

Necrosi primitiva o idiopatica: uomini fra 40 e 50 anni

Questa forma colpisce principalmente soggetti adulti di mezza età (40-50 anni), prevalentemente di sesso maschile. I fattori di rischio che possono determinare l’insorgere della malattia sono:

  • abuso di alcol
  • sovrappeso
  • iperuricemia (nel sangue è presente un’elevata concentrazione plasmatica di acido urico)
  • dislipidemie (colesterolo e trigliceridi alti)
  • diabete mellito

Necrosi secondaria

In questo caso la patologia insorge a causa di una condizione morbosa preesistente:

  1. una frattura del collo femorale
  2. una frattura-lussazione dell’acetabolo
  3. un terapia cortisonica protratta
  4. una radioterapia locale ad alte dosi
  5. un’embolia gassosa, che è una malattia da decompressione

La varietà di fattori alla base delle forme secondarie della malattia (emidemiologia) è tale che non è possibile identificare un’età o un sesso a maggior rischio.

La necrosi primitiva o idiopatica della testa del femore colpisce principalmente soggetti adulti di mezza età (40-50 anni), prevalentemente di sesso maschile, che presentano alcuni fattori di rischio: abuso di alcol, sovrappeso, iperuricemia, colesterolo e trigliceridi alti, diabete mellito.

Quali esami sono necessari per diagnosticarla?

Radiografia: serve negli stadi avanzati, ma non in quelli iniziali

Quando l’anca è dolente (coxalgia), la prima indagine da eseguire è una radiografia standard, che permette di escludere la maggior parte delle diagnosi. Purtroppo, però, nelle fasi iniziali della necrosi della testa del femore la radiografia tradizionale può essere perfettamente negativa, perché non si sono ancora verificate quelle alterazioni morfologiche che caratterizzano gli ultimi stadi della malattia.

Risonanza magnetica (RMN): individua la lesione negli stadi iniziali, ma in quelli avanzati non serve

Quindi, se un paziente che accusa dolore all’anca rientra nelle categorie “a rischio” viste in precedenza ma ha una “lastra” perfettamente normale, è opportuno eseguire una risonanza magnetica, che permette di identificare la lesione necrotica prima che determini le alterazioni morfologiche visibili sulla radiografia.
Si tratta di un esame costoso e che è utile riservare solo ai pazienti per cui la radiografia non risulta conclusiva.
Nelle necrosi avanzate il ricorso alla RMN è inutile: la “lastra” tradizionale è più che sufficiente.

Come si cura l’osteonecrosi della testa del femore?

Solo la necrosi iniziale offre speranze di guarigione.

Infatti, una volta che la testa femorale si è appiattita, la situazione evolve irreversibilmente verso l’artrosi, che è una malattia degenerativa e che quindi può essere trattata solo con terapie palliative e l’impianto di una protesi, quando possibile.

Questo significa che se la testa femorale è ancora sferica, c’è la possibilità di mettere in atto procedure chirurgiche di salvataggio, altrimenti no.

Le principali procedure in questi casi sono:

  • Interventi chirurgici per riportare la circolazione nell’area ischemica della testa femorale

    Sono possibili due tipi di intervento:

    1. trapianto di perone o trapianto microchirurgico di un segmento del perone

      è un intervento complesso che ha l’obiettivo di riportare la vascolarizzazione arteriosa nella testa femorale

    2. decompressione della testa femorale ed innesto di gel piastrinico

      è un intervento più semplice che punta a facilitare il drenaggio venoso e rivitalizzare l’osso necrotico

    La scelta fa i due tipi di intervento dipende in gran parte dall’esperienza del chirurgo e dalla collaborazione del paziente.
    In particolare il trapianto di perone comporta un maggior tasso di complicanze ed un decorso postoperatorio più lungo e disagevole che, comprensibilmente, non tutti i pazienti si sentono in grado di affrontare.

    E’ bene precisare che nessuno degli interventi disponibili è in grado di garantire la guarigione, ma le probabilità sono tanto maggiori quanto più precoce è il trattamento.

  • Interventi di tipo conservativo: quando la malattia è nelle primissime fasi

    Negli stadi precocissimi della malattia, quando solo la risonanza magnetica permette di riconoscere la lesione,
    se il paziente è riluttante a sottoporsi ad un intervento chirurgico, è possibile tentare la strada del trattamento conservativo, che consiste in:

    • scarico deambulatorio con 2 stampelle
    • eventuale ciclo di onde d’urto ad alta potenza
    • monitoraggio clinico-radiologico
  • Protesi d’anca: quando la malattia si è ormai evoluta in artrosi

    Se la testa femorale è deformata e l’artrosi è già riscontrabile, la protesi costituisce l’unica soluzione efficace. Dato che i pazienti affetti da osteonecrosi della testa de femore sono solitamente più giovani rispetto a quelli affetti da coxartrosi primitiva, è altamente raccomandato l’impianto di protesi conservative e/o di accoppiamenti a bassissima usura. Le prime sono modelli di protesi che richiedono una minore asportazione ossea a livello del femore, le seconde sono interfacce articolari ad accoppiamento “metallo-metallo” o “ceramica-ceramica” che hanno il grande vantaggio di liberare una quantità minima di detriti. Infatti, le interfacce tradizionali, che sono in metallo e polietilene o in ceramica e polietilene, hanno una durata molto lunga nel tempo e per questo sono considerate ideali nei pazienti over 60, ma nei pazienti giovani e attivi presentano appunto un grave difetto: liberano grandi quantità di detriti.

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