Piede piatto: il paziente si mette in punta di piedi per vedere se l'arca plantare resta piatta o meno

È sempre necessario operare un piede piatto?

Il piede piatto è una malformazione molto frequente, dalle cause non ancora perfettamente note, caratterizzata da una volta plantare appiattita in modo più o meno pronunciato. È un fenomeno normalissimo nei bambini piccoli, destinato a sparire nella maggior parte dei casi. Una delle cure possibili per correggerlo è l’intervento chirurgico, a cui si ricorre solo se necessario.

Nei prossimi paragrafi vedremo come si manifesta il piede piatto nel bambino e nell’adulto, come correggerlo senza chirurgia, quando è necessario operare e come avviene l’operazione.

Il piede piatto nel bambino: come sapere se il piccolo ha davvero questa malformazione e come si corregge?

Innanzitutto è bene chiarire che tutti i bambini nascono con i piedi piatti, anzi, questa deformazione della volta plantare è molto importante perché li aiuta ad apprendere una deambulazione corretta.

Intorno ai 12 mesi il bimbo inizia a muovere i primi passi ed il piede piatto è molto evidente: quando appoggia il piede, la volta si appiattisce. A questa età il piede è ancora adiposo e resta fisiologicamente piatto fino ai 2-3 anni di vita.

A mano a mano che il bimbo cresce e cammina, si forma l’arco plantare.
Questo sviluppo richiede un tempo variabile, quindi, se a 4-5 anni il piede è ancora un po’ piatto, non è detto che la malformazione si mantenga per il resto della vita.
Se invece a 6-7 anni la volta plantare è ancora appiattita, può trattarsi di un piede piatto infantile persistente. È in questa situazione che è importante rivolgersi all’ortopedico, che potrà stabilire di che tipo di piede piatto soffre il piccolo paziente (flessibile o rigido) e quindi stabilire la terapia migliore per correggerlo.

Per approfondire: Piede piatto nel bambino

È flessibile o rigido?

Per riconoscere il tipo di malformazione, si fa alzare il bimbo in punta di piedi: se in questa posizione si forma la volta plantare, è un piede piatto flessibile, se invece la pianta resta pari, è un piede piatto rigido. Il piede piatto flessibile è il più frequente (95% dei casi), è una forma benigna, generalmente accompagnata da ginocchio valgo e passo intrarotato. Al contrario, il piede piatto rigido provoca rigidità e dolore.

Come correggere i diversi tipi di deformazione?

Se il bimbo non ha sintomi, si può evitare di usare i plantari perché, di per sé, il piede piatto non influisce sulla deambulazione, né causa scoliosi. Anzi, molto spesso capita di osservare bambini che indossano plantari scorretti, che in alcuni casi addirittura ostacolano la correzione.

Invece, se dopo una lunga camminata o attività sportiva intensa, il bimbo dice di sentire male ai piedi, alle ginocchia o ai polpacci, è consigliabile l’uso dei plantari che, anche se non dovessero riuscire a correggere la deformità, esercitano comunque un’azione passiva per far assumere al piede un allineamento posturale corretto.

La malformazione può essere più o meno grave e si distinguono 4 gradi di deformità (1°, 2°, 3°, 4°).
In generale, l’ortopedico cercherà di evitare l’operazione, ma nei bambini di 11-12 anni che hanno un piede piatto grave (3° o 4°), con severa valgizzazione del retropiede e che non sono migliorati neanche con l’uso dei plantari, è consigliabile ricorrere alla chirurgia.

Il piede piatto nell’adulto può essere congenito o acquisito: ma quando è necessario operare?

Nel paziente adulto il piede piatto può essere congenito o derivare da un trauma, una disfunzione o una patologia. Nel primo caso, si tratta di una persona che ha i piedi piatti fin dall’infanzia, ma la cui malformazione non è stata curata o trattata adeguatamente. Nel secondo caso, invece, siamo di fronte ad una persona che è nata con i piedi normali, ma che a causa di fattori esterni ha sviluppato la malformazione, di solito in seguito a traumi, patologie reumatiche e neurologiche, e disfunzioni del tendine tibiale posteriore.

La malformazione nell’adulto provoca dolore

Il piede piatto nell’adulto è doloroso. Se la deformazione è congenita, il dolore è causato dalla degenerazione del tendine tibiale oppure dalla sua rottura. Se invece è acquisita, è provocato dalla lesione progressiva dei legamenti e delle capsule articolari del piede.

Prima di ricorrere alla chirurgia, l’ortopedico prescriverà l’uso di plantari con sostegno, che servono a far assumere alla volta del piede una forma normale, a proteggere tendini ed articolazioni, e ad impedire che subiscano una degenerazione progressiva. Se poi il piede piatto è artrosico, il paziente deve seguire un ciclo di fisioterapia e assumere i condroprotettori, farmaci che arrestano la degenerazione della cartilagine del piede.

Se la terapia conservativa non ha effetto e il paziente continua a sentire dolore, è consigliabile ricorrere alla chirurgia, anche per evitare l’artrosi del piede.

Per approfondire: Piede piatto nell’adulto

La correzione chirurgica del piede piatto è un intervento mininvasivo

Sia nell’adulto, che nel bambino, si ricorre all’endortesi, un’operazione molto semplice che dura circa 20 minuti per piede. Viene fatta su entrambi i piedi, in anestesia locale.

L’ortopedico introduce una vite all’interno del seno del tarso per via percutanea, praticando un piccolo foro, in modo da indurre una correzione che, inizialmente, è solo “meccanica”, ma poi diventa propriocettiva. Lo stimolo meccanico esercitato dalla vite a livello dei recettori presenti nei tessuti stimola per riflesso i muscoli, mantenendo la volta del piede arcuata anche dopo la rimozione delle viti.

Nel bambino, in fase post operatoria, si usa un tutore ‘walker’ e viene immobilizzata l’area caviglia/piede per 14 giorni senza carico e per altri 14 giorni con carico progressivo, per evitare che il piccolo paziente senta dolore. Dopo 28 giorni dall’intervento si può rimuovere il tutore e ha inizio la ginnastica riabilitativa di mobilizzazione attiva e passiva di piede e caviglia, con recupero funzionale e deambulatorio. Le viti vengono rimosse dopo 3 anni dall’operazione.

Nell’adulto, invece, si ricorre all’endortesi solo in casi selezionati: quelli in cui il piede è elastico. Si inseriscono le viti in associazione ad una plastica del compartimento interno del piede per mantenere la correzione, perché, a differenza di quanto accade nel bambino, in questo caso non si può sfruttare l’effetto positivo dato dalla crescita. Il post operatorio prevede che il paziente porti un tutore walker per 30 giorni senza carico.

Infine, nei casi di piede piatto rigido, l’ortopedico deve valutare caso per caso, così da individuare il trattamento più indicato in base al quadro clinico e radiografico del paziente.

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Immagini: Pixabay

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